Archeologia

All’interno dell’Area territoriale di Ricerca di Roma 1, su un’altura a 51 m.l.m, in posizione dominante sulla via Salaria prospiciente il Tevere, si trova la necropoli di Colle del Forno, il nucleo più esterno del sepolcreto del sito dell’antica Eretum (odierna Casa Cotta, nel comune di Montelibretti) una delle città più importanti della regione i cui primi insediamenti datano al VII secolo a. C.

La necropoli in totale era costituita da 40 tombe a camera ipogea e da una sepoltura a fossa. Le tombe a camera ipogea presentano loculi scavati sulle pareti e un lungo corridoio di accesso, un tipo largamente attestato in territorio falisco-capenate e veiente.

Come testimonia la presenza di sepolture più recenti insieme a quelle più antiche, le tombe sono state riutilizzate nei secoli; l’uso della necropoli, infatti, può essere suddiviso in tre fasi identificabili dagli elementi di corredo e dalla modalità di deposizione dei defunti.

Alla prima fase di utilizzo risale la Tomba 11, rinvenuta nel 1970 e devastata dai clandestini. Gran parte dei reperti (bel 145) furono trafugati e venduti alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen nel 1971 e sono stati restituiti all’Italia solo nel 2016 e, dopo una mostra allestita a Rieti nel 2021, sono conservati, insieme agli altri rinvenimenti della necropoli di Colle del Forno presso il Museo Civico Archeologico di Fara in Sabina.

La tomba, databile al 600-590 a. C., conteneva una sepoltura principesca: il defunto, deposto su un basso letto ligneo, indossava un pettorale in lamina d’oro e recava due spade. Oltre al corredo, nella tomba erano i resti di un carro da parata a due ruote e di un calesse del quale è stato effettuato anche la ricostruzione virtuale in 3D.

La necropoli continua ad essere utilizzata in una seconda e terza fase (rispettivamente metà VI-inizi V sec. a.C. e inizi IV-prima metà del III sec. a.C.).

A partire dall’età tardo-repubblicana, la collina di Colle del Forno fu adibita ad attività agricole testimoniate dal rinvenimento di numerosi materiali ceramici e di resti di murature pertinenti a un impianto rustico, forse una villa, individuati nel corso di indagini geofisiche condotte dalla Fondazione Lerici negli anni ‘70 in prossimità dell’odierno Istituto sull’Inquinamento Atmosferico. Dal momento che la zona è rimasta libera da costruzioni, è stato recentemente avviato dall’ISPC un progetto di ricerca archeologica che prevede la documentazione delle strutture esistenti e l’esecuzione di nuove indagini geofisiche, funzionali anche all’individuazione di settori in cui eseguire saggi di scavo.

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