9 Aprile 2025

Non vendete la pelle dell’orso marsicano

Intervista a Paolo Colangelo, ricercatore dell’Iret di Montelibretti.

Il Venerdì di Repubblica dedica un articolo all’orso bruno marsicano, un’indagine sul metabolismo di questa sottospecie dell’orso bruno europeo che vive nell’Appennino e di cui rimangono solo 54 esemplari nel Parco Nazionale d’Abruzzo e in quello della Majella.

Partendo dalla scoperta di un difetto genetico si arriva all’analisi della forma del cranio e della dieta per indagare quali sono gli adattamenti all’ambiente che consentono all’orso marsicano di convivere pacificamente con la specie umana e quali strategie potrebbero favorire una sua maggiore espansione, garantendone la sopravvivenza.

Ursus arctos marsicanus è una sottospecie di orso bruno europeo, con caratteristiche che la rendono però unica” dice Paolo Colangelo, ricercatore Iret di Montelibretti che coordina un progetto PRIN sull’epigenetica e la conservazione di questa specie. “Per esempio, è più piccolo della media degli orsi bruni ma ha un cranio insolitamente largo, che serve ad accomodare i grandi muscoli masticatori necessari alla sua dieta in gran parte vegetariana. Inoltre sono orsi molto poco aggressivi, tanto che in Abruzzo non si ricordano attacchi agli umani da parte degli orsi locali, nonostante il loro entrare spesso nei paesi del parco in cerca di frutta, pollame e cibo nei rifiuti”.

“Gli orsi marsicani hanno evoluto un metabolismo a bassa intensità, che aiuta a sopravvivere con poco, non spendendo molte energie nella caccia ma vivendo soprattutto di piante e frutta”, continua il nostro ricercatore. “I problemi di sopravvivenza di Ursus arctos marsicanus dipendono soprattutto dal poco spazio in cui è confinato: molto più di una cinquantina di individui lì non possono sopravvivere. Bisogna riuscire a far espandere la specie in aree adatte circostanti come il Gran Sasso, i Simbruini o i Sibillini, per esempio. Il problema è che, mentre alcuni maschi sono già stati segnalati fuori dal parco, le femmine sono molto meno avventurose” conclude Paolo Colangelo.

La foto è di Greta Agostini.

 
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